Marta Buonadonna – 6 marzo 2018 PANORAMA

Nessun farmaco si è dimostrato in grado di rallentare la progressione del morbo di Parkinson, ma l’esercizio aerobico sembra influenzare direttamente i meccanismi cerebrali coinvolti nell’evoluzione della malattia. E questo è solo uno dei potenziali benefici ascritti di recente al movimento. Un altro riguarda il suo effetto sulla longevità, verificato in particolare sugli uomini di una certa età.

Sulle pagine del British Journal of Sports Medicine scopriamo infatti che un gruppo di ricercatori inglesi ha piazzato degli accelerometri (strumenti utilizzati per rilevare il movimento) addosso a 1655 volontari tra i 71 e i 92 anni e per una settimana ne ha misurato l’attività fisica. Nel corso di un follow-up medio della durata di circa 5 anni, all’interno del sottogruppo composto da 1274 uomini che non avevano malattie cardiovascolari pre-esistenti, si sono verificati 194 decessi.

Chi si ferma è perduto
A questo punto è stato interessante capire se esisteva un legame tra la sedentarietà e il rischio di morte e gli autori in effetti lo hanno riscontrato. Per ogni mezz’ora in più al giorno di sedentarietà, il rischio saliva del 17%, mentre per ogni mezz’ora aggiuntiva di attività fisica leggera calava di altrettanto.

“Per chi ce la fa, resta una buona idea quella di puntare ad almeno 150 minuti di attività moderata o intensa a settimana, cioè attività che fanno alzare il battito cardiaco”, spiega Barbara Jefferis dello University College di Londra, tra gli autori della ricerca. E’ infatti emerso che i partecipanti avevano il 40% di probabilità in meno di morire durante lo studio quando raggiungevano questo obiettivo rispetto a coloro che non lo centravano. Questo indipendentemente dal fatto che si trattasse di sforzi brevi o protratti.

Ma i risultati ottenuti da Jefferis e colleghi forniscono un altro importante suggerimento, che peraltro conferma quanto già ipotizzato in altri studi, e cioè che per uomini più anziani, che non sono in grado di raggiungere quell’obiettivo, anche un’attività fisica più leggera è comunque benefica.

Ogni passo conta
Il lavoro non era stato impostato per calcolare a quale dose di esercizio fisico corrisponda la maggiore longevità, né gli accelerometri sono stati in grado di distinguere tra il tempo trascorso in piedi o seduti, il che invece potrebbe fare la differenza in termini di beneficio per la salute. Resta il fatto che tutto sembra meglio della sedentarietà: che si riesca a fare una passeggiata di 20 minuti oppure 10 brevi camminate di 2 minuti ciascuna, l’effetto positivo rimane.

Come in tutti gli studi osservazionali, che si limitano a trovare associazioni tra due o più variabili nel comportamento dei partecipanti senza apportare alcuna modifica al loro stile di vita, il grosso limite è rappresentato dal fatto che è difficile stabilire un chiaro rapporto di causa-effetto. Gli uomini che si muovono di più vivono più a lungo grazie al fatto che fanno attività fisica, oppure gli uomini che vivono più a lungo sono quelli in partenza più sani e in forma, il che spiega perché riescano a svolgere una buona quantità di attività aerobica quotidiana?

Pur tenuto conto di questi potenziali limiti, lo studio pare confermare questo legame tra movimento e salute, anche perché sappiamo quali sono i benefici dell’attività fisica sull’organismo. Ha un impatto positivo sulla pressione, sui livelli di zucchero nel sangue, sul peso, sul colesterolo cattivo e anche sul buon funzionamento del cervello, perché stimola la nascita di nuovi vasi sanguigni. Non deve perciò stupire che tutti questi vantaggi possano tradursi in una vita più sana e quindi più lunga.